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Attualità
Stefania Spoltore
17/10/2025

Cosa succede se ometto la dichiarazione dei redditi?


A volte capita. Una scadenza che sfugge, un momento di difficoltà economica, un pensiero in meno tra tanti: e la dichiarazione dei redditi resta lì, non presentata. Succede più spesso di quanto si pensi, ma è bene sapere che non è un dettaglio da poco. Le conseguenze possono essere serie: sanzioni, interessi, controlli dell’Agenzia delle Entrate e, nei casi peggiori, perfino problemi penali.

Chi gestisce un’attività, un negozio online o un’impresa lo sa: la burocrazia non perdona le distrazioni. Oggi poi, con l’evoluzione dei sistemi digitali e l’uso sempre più diffuso dell’intelligenza artificiale nei controlli fiscali, è praticamente impossibile che un’omissione passi inosservata. I dati di banche, INPS e Agenzia delle Entrate vengono incrociati in automatico, e ogni incongruenza fa scattare un alert. In questo contesto, la trasparenza non è solo una questione di regole, ma un modo concreto per proteggersi.


Quando una dichiarazione si considera “omessa”

Secondo la legge, si parla di omissione quando la dichiarazione dei redditi non viene inviata entro 90 giorni dalla scadenza fissata. Per capire meglio: se il termine per presentare il Modello Redditi 2025 è il 30 novembre 2025, la dichiarazione risulta omessa se non viene inviata entro il 28 febbraio 2026.

C’è però una distinzione importante. Se si presenta la dichiarazione entro quei 90 giorni di ritardo, non è ancora considerata omessa: si tratta di una semplice presentazione tardiva. In questo caso si può rimediare pagando una sanzione ridotta grazie al cosiddetto ravvedimento operoso, uno strumento pensato proprio per chi vuole mettersi in regola senza attendere un controllo.

Le sanzioni 

Le sanzioni variano a seconda della natura del contribuente e della gravità della violazione.
Secondo quanto riportato dall’Agenzia delle Entrate (circolare n. 42/E e successive integrazioni):

  • Per le persone fisiche: sanzione dal 120% al 240% dell’imposta dovuta, con un minimo di 250 euro.

  • Per le società e le partite IVA: le percentuali sono le stesse, ma gli importi possono salire rapidamente in base al fatturato non dichiarato.

  • Se non sono dovute imposte (per esempio in caso di crediti d’imposta o perdite): la sanzione va da 250 a 1.000 euro.

Le sanzioni si aggravano ulteriormente in caso di recidiva o se l’Agenzia delle Entrate accerta che l’omissione è stata dolosa, ovvero finalizzata a occultare redditi imponibili.

L’accertamento d’ufficio e i nuovi controlli automatizzati 2025

Negli ultimi anni l’Agenzia delle Entrate ha potenziato i sistemi di controllo automatizzati tramite analisi predittiva e machine learning.
Nel 2025, con il completamento della piattaforma “Fisco Data Intelligence”, i controlli si basano su modelli algoritmici in grado di incrociare in tempo reale i dati provenienti da:

  • transazioni bancarie e carte di credito,

  • fatture elettroniche e corrispettivi telematici,

  • flussi INPS e INAIL,

  • movimenti finanziari delle piattaforme di e-commerce.

Questo significa che l’omissione di una dichiarazione difficilmente passa inosservata. Anche in assenza di segnalazioni dirette, il sistema individua incongruenze e le segnala agli uffici competenti, generando un accertamento d’ufficio.

L’accertamento d’ufficio consente all’amministrazione di ricostruire i redditi presumibili sulla base dei dati disponibili. Il contribuente può fornire giustificazioni o documenti integrativi, ma se non lo fa entro i termini, l’imposta viene calcolata in modo forfettario, spesso a suo svantaggio.

Quando scatta il reato

L’omissione della dichiarazione può avere rilievo penale ai sensi del D.Lgs. 74/2000, art. 5, quando l’imposta evasa supera determinate soglie:

  • Imposta evasa superiore a 50.000 euro → reclusione da 1 a 3 anni;

  • Se la dichiarazione omessa riguarda l’IVA, la soglia di punibilità è 50.000 euro per periodo d’imposta.

In questi casi, non si parla più solo di sanzioni amministrative, ma di veri e propri procedimenti penali, con possibilità di sequestro dei beni e iscrizione nel registro degli indagati.

È importante sottolineare che la colpa grave o la negligenza non sono sempre sufficienti a escludere la responsabilità, soprattutto se l’omissione si accompagna a movimentazioni bancarie anomale o fatture emesse senza dichiarazione.

Ravvedimento operoso: come rimediare e ridurre le sanzioni

Chi si accorge di non aver presentato la dichiarazione può ancora intervenire, ma il tempo è un fattore decisivo. Il ravvedimento operoso (art. 13 del D.Lgs. 472/1997) permette di regolarizzare la propria posizione versando l’imposta dovuta, gli interessi e una sanzione ridotta in base alla tempestività dell’azione:

Tipo di ravvedimento

Termine

Sanzione ridotta

Breve (entro 90 giorni)

90 giorni

1/10 del minimo

Medio

Entro 1 anno

1/9 del minimo

Lungo

Entro 2 anni

1/8 del minimo

Oltre 2 anni

Dopo 2 anni

1/7 del minimo

L’utilizzo del ravvedimento è possibile solo prima che l’Agenzia notifichi un avviso di accertamento. Se si riceve già la comunicazione di irregolarità, le opzioni di regolarizzazione si riducono notevolmente.

L’importanza di una gestione contabile automatizzata

Nel 2025, con la progressiva digitalizzazione dei processi fiscali e l’obbligo generalizzato della fatturazione elettronica anche per i forfettari (dal 1° gennaio 2025), diventa essenziale dotarsi di un software gestionale integrato che semplifichi la rendicontazione e prevenga errori.

Un approccio digitale non solo riduce il rischio di omissione o errori, ma consente di ottimizzare i processi interni e migliorare la pianificazione finanziaria dell’impresa.

Omissione per errore del commercialista: chi risponde?

Un altro aspetto spesso sottovalutato riguarda la responsabilità professionale. Se l’omissione deriva da un errore o da una negligenza del commercialista, il contribuente resta comunque responsabile verso il fisco, salvo diritto di rivalsa nei confronti del professionista.

La Corte di Cassazione (sentenza n. 16420/2023) ha ribadito che il dovere di vigilanza non può essere delegato completamente: il titolare dell’attività deve verificare l’avvenuta trasmissione della dichiarazione tramite la ricevuta di invio telematico.

Come prevenire il rischio di omissione: 5 buone pratiche

  1. Digitalizzare i documenti: conservare tutte le fatture e ricevute in formato elettronico, preferibilmente in cloud.

  2. Usare un gestionale integrato: uno strumento che segnali scadenze e anomalie fiscali.

  3. Verificare sempre le ricevute di trasmissione: un semplice controllo evita sanzioni inutili.

  4. Tenere traccia dei versamenti F24: soprattutto per IVA, IRPEF e contributi previdenziali.

  5. Collaborare in modo attivo con il commercialista: la trasparenza dei dati contabili è il primo passo per una gestione fiscale sana.

Conclusione 

Nel nuovo scenario fiscale digitale, l’omissione della dichiarazione dei redditi non è più un errore che passa inosservato.

La soluzione non è temere il fisco, ma organizzare il proprio business con strumenti affidabili, adottare processi trasparenti e affidarsi a sistemi gestionali capaci di prevenire dimenticanze o errori.
Una gestione consapevole oggi è la migliore garanzia per la serenità fiscale di domani.